Sarà un caso fortuito, ma dopo le balle retoriche sull'unità d'Italia e i relativi fratelli d'Italia (mah), si torna a parlare degli omicidi Giuliani (G8 2001) e Cucchi (Roma, 2009), e l'Espresso, anche questo sarà un caso che rende felice chi come me non crede che lo Stato sia un'istituzione magnanima (è solo un centro di potere enorme e oppressivo e, come diceva Nietzsche, lo Stato puzza quindi statene alla larga), parla di un tifoso bresciano, Paolo Scaroni, mandato in coma dalle manganellate in testa ricevute non dagli ultras nemici ma dalla polizia alla stazione di Verona nel settembre 2005 (treno devastato dai lacrimogeni scagliati ad altezza uomo e dalle manganellate).
Dall'Espresso:
"Ma chi ha scatenato il caos? Quattro agenti della polizia ferroviaria testimoniano che "i disordini sono cominciati solo quando la celere ha lanciato lacrimogeni dentro uno scompartimento dove c'erano tante donne e bambini piangenti". Particolare importante: "Prima non avevamo visto nulla che giustificasse il lancio del gas". Solo allora "un centinaio di tifosi, arrabbiati e lacrimanti, ci hanno minacciato, chiedendoci come fosse possibile lanciare lacrimogeni su un treno con bambini". Ma subito, dicono gli stessi agenti, "i capi ultras si sono messi in mezzo, facendo da pacieri, per calmare gli altri tifosi dicendo che noi della Polfer non c'entravamo". In quel momento la celere carica l'intera tifoseria. Seguono 30 minuti di macelleria da Stato di polizia."Alessandro Mainardi, avvocato di parte civile: "Una cosa è certa: un ragazzo inerme è stato ridotto in fin di vita da una squadraccia che indossa ancora la divisa. Uno Stato civile avrebbe almeno risarcito i danni. Invece, dopo cinque anni, il ministero dell'Interno non si è ancora degnato di offrire un soldo".
Tre mesi fa Paolo ha scritto al ministro Roberto Maroni: "La violenza va condannata e l'omertà va combattuta prima di tutto da chi rappresenta la legge". Da Roma nessuna risposta.
Link:
"La morte di Stefano Cucchi" (Bellaciao)
Lettera di Ilaria Cucchi a Giovarnardi (purtroppo a noi italiani lo Stato ci fornisce questi personaggi ignorantoni..)
PDF della lettera dei tifosi bresciani del 2005 al ministro dell'Interno:
"Non Le descriviamo nei minimi particolari quanto successo, anche perché ci vorrebbero pagine e pagine per raccontare la disperazione, l’impotenza, la frustrazione, l’umiliazione ed a tratti la rabbia che ci ha investito insieme alle manganellate (coi manganelli impugnati rigorosamente al contrario!), ai sassi! (che non provenivano dai binari!), ai fucili usati come mazza, ai lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo ed al loro gas velenoso e paralizzante.Ma la cosa peggiore sono stati gli agguati, i “dieci contro uno” contro ragazzi che sono finiti letteralmente sotto il treno per cercare rifugio, lo spray al peperoncino (non sapremmo come definirlo altrimenti) che qualcuno ha usato senza ritegno su donne e bambini, le provocazioni verbali ed oltraggiose nei confronti
delle nostre madri e delle nostre donne.
Ci piacerebbe raccontarLe che abbiamo reagito, che ci siamo difesi, che abbiamo risposto agli attacchi con decisione, ma non c’è stata partita, non c’è stata possibilità di reazione a causa della violenza improvvisa (e probabilmente premeditata) di questa azione condotta su più fronti da due, forse tre, reparti
organizzati e coordinati, ci è parso di capire, da una sola persona (ogni volta che il dirigente alzava il braccio, partiva una carica. E lo stesso dirigente si è più volte rivolto agli agenti urlando <<> fino quando non vi dico di smettere!>>).
Dopo le prime cariche, nelle quali Paolo è stato ferito alla testa ripetutamente, non c’è stato nemmeno il tempo di raccogliere i feriti e portarli in salvo che l’azione devastante della celere è ricominciata. Allora i ragazzi sono stati trascinati fuori dal treno (qualcuno è stato arrestato proprio in quei frangenti), altri sono stati picchiati direttamente sulle carrozze (senza via di fuga) che, “grazie” a questa onda d’urto impazzita, sono andate praticamente distrutte.
Abbiamo scoperto in seguito che la polizia aveva chiamato l’ambulanza con il codice di gravità “giallo 2”, che significa “non c’è nulla di grave”; gli stessi operatori dell’ambulanza, appena arrivati sul posto, hanno però capito subito che la situazione era critica ed hanno immediatamente attivato il codice di gravità “rosso 3”, che è appunto il massimo della gravità."