Giustificato maggiormente quando, non certo grazie ai tiggì, leggo di inquinamento tossico e cancerogeno profuso con solerzia dalle compagnie petrolifere multinazionali, come nel caso della statunitense Texaco nell'Amazzonia ecuadorena.
Qui qualche link:
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201010articoli/59730girata.asp
http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=103233560http://www.unita.it/news/93311/ecuador_il_paradiso_cancellato_dalla_texaco
http://www.youtube.com/watch?v=AkYNTPb0roE
Leggete questa frase di un manager della Texaco che mi ha messo i brividi:
«L’Ecuador ci ha insegnato una cosa: non possiamo consentire a piccoli Paesi di intralciare il lavoro di grandi multinazionali come la nostra che hanno fatto enormi investimenti in tutto il mondo».
Sconvolgente ma me lo aspettavo: le aziende (ovvero un insieme di uomini egoisti ed egocentrici che compiono azioni solo per il proprio tornaconto materiale) sono più forti dei Paesi, cioè i soldi sovrastano i diritti, l'economia si mangia la politica.
Praticamente per tre decenni la Texaco, al pari sembra di Repsol ed altre, avrebbe sfruttato i giacimenti petroliferi siti sotto la lussureggiante Amazzonia fregandosene del trattamento dei rifiuti, oltreché sfruttando i lavoratori e dando via ad una sorta di genocidio causato appunto dall'inquinamento che ha colpito terra, animali ed acqua.
Magari notizie simili le passano in Tv ma giusto una volta all'anno, per poi ricomincia col solito tran-tran fatto di gare di motori e di pubblicità di automobili, come se modernità significasse doversi spostare come dei nomadi nevrastenici per km e km.