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19 gennaio 2011

Legati al lavoro

Come già scritto nell'articolo precedente, un lavoratore medio non riesce a staccarsi dal proprio posto di lavoro, perchè senza quell'azienda che gli fornisce uno stipendio mensile si sente perso, abbandonato, come se non fosse più un essere umano, ovvero un appartenente ad un genere che ha vissuto senza aziende per centinaia di migliaia di anni.
Col progredire della scienza e della tecnica siamo diventati handicappati!

Ciò avviene non solo per colpa sua, ma anche per via della nostra educazione che non ci consente di essere neanche minimamente autosufficienti, infatti non solo il nostro lavoro è legato ad un'azienda (che può sbatterci vuole all'incirca quando vuole, grazie a governi complici dei miliardari nel pensare alla società come ad una massa di cani che senza di loro sarebbero dei randagi disgraziati), ma non possiamo svolgere neanche le faccende domestiche senza l'ausilio di prodotti fabbricati nelle industrie, compresi i generi alimentari. E questa è una novità dei decenni più recenti.

Diamo per buona ed sempiterna ogni cosa, ma se guardassimo al passato noteremmo un'altra società, certo con problematiche enormi come le numerose guerre fra Comuni vicini o mortali malattie oggi debellate o il cui danno è stato ridotto, ma queste non furono certo causate dai lavori e lavoratori dell'epoca (a differenza di quelli dei giorni nostri, oltrechè dallo stile di vita anche di chi non lavora), quanto invece dai desideri dei capitalisti di allora, degli accumulatori come i monarchi e vescovi che preferivano finanziare campagne di conquista o enormi cattedrali, anzichè "redistribuire il reddito", migliorare la vita del prossimo.
Ma ciò era ed è impensabile: i ricchi, i proprietari, gli industriali così come anche i religiosi vogliono un progresso tecnico per vivere in modo più confortevole, ma pochi progressi civili, perchè poi la gente reclamerebbe sempre di più; la povertà è necessaria per convincere la maggioranza che se non accetta l'andazzo generale (nel quale fan parte lavori massacranti per tutto il giorno e ogni giorno, precariato, salari indecenti, luoghi di lavoro e di abitazione senz'anima, stress, fatica e incazzature continue), farà la fine di quei poveri ben visibili (ai giorni nostri si pensi ai bambini africani affamati che vediamo nelle "pubblicità progresso" o ai barboni siti - sarà un caso? - vicino alle Università).
Poveri sì, ma sempre meglio che poverissimi.

Il passato (inteso come prima della Rivoluzione Industriale) non era certo il paradiso terrestre, ma lavorativamente parlando era sempre meglio di oggi dove milioni di giovani non sanno dove "sbattere la testa", infatti frequentando scuole in cui materialmente si insegna il nulla, e non botteghe ed officine, è difficile che riescano a sentirsi maggiormente indirizzati verso un certo lavoro a dispetto di un altro, un'azienda invece che un'altra. Magari lo sono ma verranno presto delusi perchè impossibilitati a svolgere mansioni che hanno sempre sognato, relegati per interessi aziendali a compiere invece cose più degradanti.
Alla fine un'azienda vale l'altra, si prende quello che c'è, perchè non conta ciò che si fa, ciò che si è capaci di fare (poco o nulla, ma sicuramente rispettare, ubbidire ai comandi sì, è a questo che servono scuola, chiesa, militare), ma solo i soldi (pochi) che si riescono ad intascare con maggiore sicurezza.


Viziati anche noi dal comfort e dalla tecnologia, pensiamo di vivere bene, come mai prima d'ora, ma tutti gli scioperi e le manifestazioni dimostrano il contrario, come anche lo dimostrano i nostri fiumi agonizzanti, i mari assaltati da baleniere e reti a strascico, strade intasate di lamiere e gas e di morti spiaccicati e sventrati.
Siamo legati ai soldi che ci vengono dati dalle aziende presso cui lavoriamo, mentre dovremmo pensare prima di tutto al tipo di lavoro che vogliamo svolgere, perchè penso che sia molto meglio stare bene fisicamente e psicologicamente che subire ordini, comandi atti a farci compiere azioni impersonali o in cui la nostra opinione è relegato al ruolo di spazzatura, ma non visibile, di quella che come si suol dire viene messa sotto al tappeto.

La gente in città si suicida quando non trova lavoro o quando viene licenziata. Questi avvenimenti mi fanno spavento e non perchè io pensi alla cattiveria degli imprenditori, ma perchè noto quanto ciò che conti nella vita non sia l'essere vivi, ma l'essere proprietà di qualcuno che bene o male ci mantiene in vita.

Scommetto quello che volete che contadino 85enne (e ne conosco) che lavora da quand'è nato in campagna stia più in salute di qualsiasi operaio 50enne o impiegato che vive non sulle sue gambe ma perennemente su sedie e poltrone in casa, in ufficio e persino quando "viaggia" (cioè quando sta seduto e fermo in automobile).

17 gennaio 2011

Schiavismo e servilismo. Il lavoro è nazismo.


La questione del nuovo contratto Fiat, di cui ho già parlato, mi ha portato a riflettere e a fare ricerche su cosa significa lavorare ai giorni nostri.


Schiavitù e servilismo è, seppur stranamente per molti che strabuzzeranno gli occhi, la realtà degli umani occidentali da ben 200 anni, nonostante il fatto che pensino di essere liberi, ma sappiamo bene quanto la propaganda politica ed economica influenzi non solo le nostre scelte ma anche i nostri pensieri e sentimenti.
Tutto iniziò presumibilmente con la famosa "Rivoluzione Iindustriale" nata in Inghilterra (Regno Unito, la patria del colonialismo, virus che accomunava però molte altre nazioni, tenetelo ben in mente) tramite la quale si fece più lampante il desiderio di assoggettare ancora più marcatamente la natura (in nome della nostra cultura, ovviamente), di annullarla anzi.
La nostra cultura, che tanto rispettiamo, consideriamo, amiamo, è ciò che ci ha portato ad una vita infelice, proprio quando la propaganda, anche quella letteraria e scientifica, tesseva le lodi del progresso, di un futuro luminoso (le famose "magnifiche sorti e progressive"), perchè era necessario convincere il popolo ad assoggettarsi a sua volta.

Natura conquistata, distrutta, popoli costretti a convivere con questo ambiente modificato, costretti a lavorare per sempre in miniere o in piantagioni lontano dalle loro terre (dall'Africa ai tanto democratici U.S.A., ad esempio).
Tutto ciò per far vivere nella comodità assoluta una manciata di uomini bianchi, ma soprattutto per incrementare il loro patrimonio. Uomini bianchi che non hanno mai dovuto faticare più di tanto, a dispetto dei loro operai/servi/schiavi/ominidi di razza inferiore, senza i quali il loro lusso però cesserebbe di esistere.

Patrimonio e profitto sono due parole che si ripetono costantemente, che non scompaiono mai e sono le uniche ragioni (fatte di numeri) che stanno a cuore agli imprenditori. La loro vita è dettata dai numeri relativi a queste due cose e per sentirsi appagati devono crescere e per crescere c'è bisogno che la produzione venga spinta ai massimi livelli (pubblicizzando alla massa l'indispensabilità dei loro prodotti) avendo a disposizione un numeroso gruppo di operai che coi turni possa lavorare tutto il giorno (dì e notte, notte e dì).

Quando pensate ai lager nazisti cosa vi viene in mente?
A me un'enorme massa di schiavi prestata all'industria pesante tedesca
.
Bene, bisogna quindi avere in mente i lager quando pensiamo alle nostre industrie, perchè i lager sono l'ideale a cui non può non puntare un buon imprenditore/industriale che finalmente non se la deve vedere con degli esseri umani come lui, ma con pezzi di carne e ossa, dei pelouches, dei robots che si muovono per produrre indefessamente. Esserini inferiori ben ammaestrati (non importa come, non importa se con la paura, col rischio di morire, con la finta promessa di un pasto dopo un giorno che poi diventa una settimana e poi un mese, tanto se uno crepa c'è subito un altro schiavo preso da un altro ghetto) al rispetto di ogni cosa: orari, mansioni, divieto di protesta, divieto di assenteismo nonostante problemi di salute, infortuni, e divieto anche di andare in bagno, oltre al rispetto per il capo che deve poter continuare i suoi luminosi/loschi affari nonostante i morti nella sua fabbrica (ai giorni nostri si pensi alle merde assassine della Thyssen Krupp, dell'Eternit, della Saras), proprio come se si fosse in un lager dove morto uno se ne prende un altro, perchè lo scopo, oltre a quello del profitto sempre più alto, è la distruzione dell'umanità sfruttandola senza pietà, affinchè si sia sicuri che nessuno possa fare a meno del lavoro "gentilmente offerto" dagli industriali.

Dopo secoli (almeno uno e mezzo) di schiavismo totale, nei quali anche i bambini erano costretti a lavorare fra le presse, son comparsi i diritti dei lavoratori, forse quando la massa di operai era così grande da non poter non trovare una comune e potente voce.
Questi diritti
, gli statuti, i contratti, i salari, le pensioni hanno migliorato la vita di milioni di persone, ma dal mio punto di vista vanno disprezzati, perchè non hanno portato ad un rifiuto totale, ad una rivoluzione quindi, ma all'accettare questa inumana, innaturale, condizione lavorativa in fabbrica e in miniera. Non si è cercato di tornare indietro nel tempo, anche perchè una volta scoperta una cosa non la si può purtroppo cancellare dalla mente (sarà quindi sempre riproponibile anche una volta che è stata eliminata materialmente).
Ciò è chiaro pensando alla Fiat: il nuovo contratto satanico porta però a pensare alla vita in fabbrica che già prima di questo contratto/ricatto era satanica, infatti gli operai iniziano a lavorare molto presto di mattina (oltrechè di notte) per 10 ore, svolgendo sempre le stesse faticose mansioni, ricevendo in cambio un salario che li faccia sentire appena in vita in questa società dei consumi che li ha strappati dalle loro terre illudendoli di un futuro migliore, luminoso, ricco di successi (?).

Se gli imprenditori vogliono eliminare qualche piccola conquista contrattuale da parte degli operai è perchè, come ho già detto, il loro ideale massimo è il lager nazista, è perchè loro non pensano di avere a che fare con degli esseri umani, ma con altri tipi di esseri non ancora analizzati dalla scienza, forse pensano che provengano da una specie di Blob che all'alba li sputa fuori per spedirli nell'unico luogo che possano desiderare nella loro non-vita.
Molti operai della Fiat erano contrari a questo contratto (che deriverebbe dal verbo "contrattare"), ma, tralasciando il risultato invece favorevole, si è notato come nessuno fosse contro la fabbrica, odiasse la fabbrica, anzi, la vedevano e la vedono come loro unica ragione di vita, come cosa che tramite il lavoro schiavista li tiene in vita.
Nessuno di loro ha pensato di mollare finalmente tutto per andare a zappare e produrre qualcosa di buono e necessario (frutta e verdura che ora vengono coltivate e raccolte per pochi cent dagli extracomunitari, altro che quelle schifose e assassine automobili), ma semplicemente volevano il ripristino di certi diritti, come quello di avere 3 pause anzichè 2, di mangiare a metà turno e non alla fine, che non sono altro che banalità se viste nel contesto generale della mia accusa al mondo del lavoro.

Si è notato quindi del servilismo, un tipo di servilismo che compare dopo alcuni anni passati da schiavo.
Inizialmente lo schiavo cerca di ribellarsi, ma quando vede aumentare i propri "diritti" e capisce che può con questi mantenersi in vita, preferisce vivere così che rischiare la vita scappando, anche perchè in questo modo un lavoro e quindi del cibo saranno "sempre" disponibili (del "sempre", però, non ne sarei così sicuro, infatti il capo può sempre trovare degli schiavi più disperati da sfruttare meglio).

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La passione reale del ventesimo secolo è la servitù" (Albert Camus)

Link:
"Abolition of work" Bob Black