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6 giugno 2012

L'Emilia e il lavoro che nobilita l'uomo (ricco)

Mi ha molto colpito, ma non stupito, questo fatto riguardante il lavoro in Emilia durante questi giorni di scosse telluriche:

"Dopo gli eventi sismici che il 20 e il 29 maggio hanno messo in ginocchio il cuore del tessuto economico e industriale dell’Emilia Romagna, dalle città più colpite si chiede a gran voce di poter ricominciare a lavorare, a produrre. Ma, per diverse aziende, sono i lavoratori a doversi assumere ogni responsabilità relativa alla propria incolumità. Ad alcuni operai, denuncia la Cgil Emilia Romagna, che in questi giorni ha ricevuto svariate segnalazioni provenienti dal modenese e dal reggiano, “è stato chiesto di firmare un documento che recita: ciascun dipendente che ritiene opportuno continuare a svolgere la propria attività libera la proprietà da qualsiasi responsabilità civile o penale"
Fonte: Il Fatto Quotidiano.

Sappiamo bene, tutti quanti, che diversi operai ed impiegati hanno perso la vita una volta travolti dai resti dei capannoni dove lavoravano. Dopo il, potremo definirlo così, "big one", la gente, anche su istigazione dei politici piccoli e grandi (ricorderò sempre le parole di Napolitano e Monti che pensavano sì alle persone, ma anche all'economie, i quali confidavano che l'Emilia sarebbe presto ripartita), oltreche ovviamente dei propri datori di lavoro, è tornata a sudare le ordinarie 7 camicie rischiando la vita.
Ma oltre ai ricchi e potenti, anche loro non sono stati da meno, infatti si può ben dire che tutti volevano tornare a lavorare, perchè d'altronde senza stipendio è difficile vivere. In questa società è così: abbiamo tanta roba che ci vizia e che ci spinge a lavorare tante ore per poterle rinnovare o mantenere e, visto che gli stipendi, in rapporto alle nostre spese, sono miseri, non si può saltare neanche una settimana di lavoro, neanche per motivi serissimi come quello riguardante il rischio di perdere la vita.
La gente è disposta a rischiare la vita perchè ha paura di non poter più sostenere un certo stile di vita, fra l'altro non scelto ma subito per farsi accettare dalla società.
I datori di lavoro, che sfruttano la società che ci educa parlandoci della "nobiltà del lavoro" (ma i nobili mica lavorano..), istigano molte volte al suicidio, e non solo in questi giorni emiliani, ma in qualsiasi altro posto quando ci obbligano a compiere azioni mai fatte prima, senza dirci nulla sulla sicurezza e magari facendoci lavorare in nero. Ma è chiaro che la colpa è appunto sia della gente comune che degli industriali, infatti se questi istigano, i primi recepiscono, accettano, assimilano e perpetuano questo sistema, così ecco che la mamma dice al figlio "Cosa fai se non lavori??", e il figlio dopo poco tempo si sentirà disperato se non avrà un lavoro stabile, allora ecco la fila di persone docili, ubbidienti, entrare nei capannoni ogni giorno per sentirsi ben visti e volut da famiglia, amici, conoscenti e società intera.

In una società impostata sulla produzione coatta, sul consumo egostico e sul profitto per pochi (cosa che viene sempre omessa), non si può pensare di non lavorare neanche per motivi legati alla sicurezza personale, perchè il lavoro riempie le nostre misere vite.

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