In questa società la solfa è la solita: se mi trattano bene e se mi pagano pure, perché dovrei lamentarmi per questioni etiche e giudiziarie, rischiando di perdere tutti quei bei soldini e privilegi vari?
Vito Mancuso, noto teologo che scrive articoli per Repubblica e libri per Mondadori, s'è rabbuiato venendo a conoscenza del fatto che quest'ultima casa editrice abbia approfittato di una "legge ad aziendam" del governo Berlusconi per risolvere un contenzioso con il Fisco (darà poco più di 8 milioni di Euro, anzichè 350).
Scrisse su Repubblica ad agosto:
"Come posso fare dell'etica la stella polare della mia teologia e poi pubblicare i miei libri con un'azienda che non solo dell'etica ma anche del diritto mostrerebbe, in questo caso, una concezione alquanto singolare?"
Inoltre:
"..non si tratta più di accettare una proprietà che può piacere oppure no ma che non ha nulla a che fare con le scelte editoriali, cioè con l'azienda nella sua essenza. Stavolta è la Mondadori in quanto tale a essere coinvolta, non solo il suo proprietario per i soliti motivi che non hanno nulla a che fare con l'editoria libraria. Quindi stavolta come autore non posso più dire a me stesso che l'editrice in quanto tale non c'entra nulla con gli affari politici e giudiziari del suo proprietario, perché ora l'editrice c'entra, eccome se c'entra, se è vero che di 350 milioni dovuti al fisco ne viene a pagare solo 8,6 dopo quasi vent'anni, e senza neppure un euro di interesse per il ritardo, interessi che invece a un normale cittadino nessuno defalca se non paga nei tempi dovuti il bollo auto, il canone tv o uno degli altri bollettini a tutti noti."
Siccome la Mondadori passò nelle mani di Berlusconi negli anni '80 attraverso atti non limpidissimi (condannati per tangenti i suoi avvocati Previti, Pacifico, Acampora e il giudice Metta), ovvero quando questo non era ancora un politico, era lecito, per Mancuso, scrivere per essa alla faccia della legalità, perché evidentemente il problema per Mancuso sorge solo quando, come scritto da lui, questo non è dettato dal proprietario e basta ma da tutta l'azienda come in questo caso (dovrebbe dimostrare che la nuova legge è stata voluta anche dai suoi dirigenti, come fa ad esserne sicuro? Se il Fisco mi dice che ora possono pagare di meno io lo farei subito e non è certo per questo che sono un furbo o un ladro); cioè prima vedeva di buon occhio tutti i vari dirigenti, ora invece no.
Ma fra questi non era possibile vedere già anni fa, quando mise piede a Segrate (1997), la felicità di lavorare per Berlusconi, nonostante tutti sapessero del "lodo Mondadori"? Ma dove viveva Mancuso?
Al momento non sembra voler scappare dalla Mondadori, infatti dalle pagine di Repubblica chiede a suoi esimi colleghi di penna, Scalfari, Saviano, Augias, Odifreddi, Zagrebelsky e altri, semplicemente dei pareri. Evvai col solito salotto buono!
E vabbè, almeno lui dei dubbi se li pone.
Veniamo a Scalfari (scrive per Einaudi, controllata da Mondadori): il fondatore de "La Repubblica" scrive che come autore è ben felice di essere lì perché nessuno pone limiti alla sua parola e, inoltre, i dirigenti Einaudi non coincidono con quelli Mondadori (da cui però dipendono).
"Se i dirigenti Einaudi si piegassero a richieste politicamente scorrette e per me incompatibili, non esiterei un istante ad andarmene. Finché questo non avverrà, alla Einaudi mi trovo benissimo e ci resto".
Lui si trova benissimo, lui non ha problemi di espressione, lui riceve tanti soldini. Quel che capita ad altri non è affar suo..
Forse Scalfari non è conscio del fatto che un certo Saramago venne censurato dalla Einaudi, alla faccia della libertà di espressione garantita da questa casa editrice. Siccome la sua non gliela tocca nessuno, per lui il problema non si pone: complimenti!
E siccome ha la pancia piena grazie ai soldi che riceve per i suoi libri di dubbia utilità (sembra che ogni anno ne debba sfornare uno, come fa Vespa, più per esigenze editoriali, cioè economiche, che di cuore), fa come tutti noi, fa come ogni uomo medio, chiude gli occhi sulle digrazie altrui se non ne viene colpito.
Anche Prosperi (non lo conosco) dice la sua: "Mettersi ad aprire una discussione in termini moral-editoriali lascia il tempo che trova". E in termini politici-liberal-economici?
Che gente stolta, anzi, amorale!
Se un imprenditore per divenire sempre più grande acquista a mani basse tante case editrici, non è forse una limitazione al libero mercato (che evidentemente libeor non è), mercato spartito fra soli 2-3 grandi gruppi? Quindi un economista già non dovrebbe scrivere più per Mondadori. E se questo imprenditore, non contento di aver rovinato il mercato editoriale, entra in politica (e ci è dentro direttamente da 16 anni, indirettamente dal doppio), nessuna "grande mente", dedita ad illuminarci coi suoi scritti, pensa che potrebbe legiferare a favore suo e della sua mega-ditta?
1 commento:
Veramente ben scritto e calzate (oltre che, non occorre dirlo, rispondente al mio punto di vista in tutto e per tutto), complimenti!
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