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23 ottobre 2011

Michel Foucault e il sapere/potere


Tratto da "Sorvegliare e punire" di Michel Foucault.


"Forse bisogna rinunciare a tutta una tradizione che lascia immaginare che un sapere può esistere solo là dove sono sospesi i rapporti di potere e che il sapere non può svilupparsi altro che fuori dalle ingiunzioni del potere, dalle sue esigenze e dai suoi interessi. [..] Bisogna ammettere che il potere produce sapere, che potere e sapere si implicano direttamente l'un l'altro, che non esiste relazione di potere senza correlativa costituzione di un campo di sapere, nè di sapere che non supponga e non costituisca nello stesso tempo relazioni di potere. Questi rapporti potere-sapere non devono essere dunque analizzati a partire da un soggetto di conoscenza che sia libero o no in rapporto al sistema di potere, ma bisogna al contrario considerare che il soggetto che conosce, gli oggetti da conoscere e le modalità della conoscenza sono altrettanti effetti di queste implicazioni fondamentali del potere-sapere e delle loro trasformazioni storiche. In breve, non sarebbe l'attività del soggetto di conoscenza a produrre un sapere utile o ostile al potere, ma, a determinare le forme ed i possibili campi della conoscenza sarebbero il potere-sapere, e i processi e le lotte che lo attraversano e da cui è costituito.
Analizzare l'investimento politico del corpo e la microfisica del potere [..] Non sarebbe lo studio di uno Stato inteso come un corpo (coi suoi elementi, le sue risorse, le sue forze), ma non sarebbe neppure lo studio del corpo e dei suoi contorni presi come un piccolo Stato. Vi si tratterebbe del corpo politico come insieme di elementi materiali e di tecniche che servono da armi, collegamenti, vie di comunicazione e punti d'appoggio alle relazioni di potere e di sapere che investono i corpi umani e li assoggettano facendone oggetti di sapere.
[..] Se il supplemento di potere dalla parte del re provoca lo sdoppiarsi del suo corpo, il potere eccedente che si esercita sul corpo sottomesso del condannato non ha forse suscitato un altro tipo di sdoppiamento? Quello di un incorporeo, di un'anima, come diceva Mably. La storia di questa microfisica del potere punitivo sarebbe allora una genealogia o un elemento per una genealogica dell'anima moderna. Piuttosto che vedere in quest'anima i resti riattivati di un'ideologia, vi si riconoscerebbe il correlativo attuale di una certa tecnologia del potere sul corpo. Non bisognerebbe dire che l'anima è un'illusione, o un effetto ideologico. Ma che esiste, che ha una realtà, che viene prodotta in permanenza, intorno, alla superficie, all'interno del corpo, mediamente il funzionamento di un potere che si esercita su coloro che vengono puntini, in modo più generale su quelli che vengono sorvegliati, addestrati, corretti, sui pazzi, i bambini, gli scolari, i colonizzati, su quelli che vengono legati ad un apparato di produzione e controllati lungo tutta la loro esistenza. Realtà storica di quest'anima che, a differenza dell'anima rappresentata dalla teologia cristiana, non nasce fallibile e punibile, ma nasce piuttosto dalle procedure di punizione, di sorveglianza, di castigo, di costrizione. Quest'anima reale e incorporea, non è minimamente sostanza: è l'elemento dove si articolano gli effetti di un certo tipo di potere e il riferimento di un sapere, l'ingranaggio per mezzo del quale le relazioni di potere danno luogo a un sapere possibile, e il sapere rinnova e rinforza gli effetti del potere. [..] all'anima, illusione dei teologi, non è stato sostituito un uomo reale, oggetto di sapere, di riflessione filosofica o di intervento tecnico. L'uomo di cui ci parlano e che siamo invitati a liberare è già in se stesso l'effetto di un assogettamento ben più profondo di lui. Un'anima lo abita e lo conduce all'esistenza, che è essa stessa un elemento della signoria che il potere esercita sul corpo. L'anima, effetto e strumento di una anatomia politica; l'anima, prigione del corpo."

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