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2 dicembre 2011

Spegniamo gli orologi. Inizio del tempo, fine del tempo.



L'invenzione del tempo (i primitivi e gli animali vivono in un eterno presente) e la conseguente idea di ora e costruzione di orologi, ha sancito l'istituzione di una società gerarchizzata, quando già era presente (la si può far risalire al Neolitico con le tribù indoeuropee Kurgan che invasero la pacifica zona dell'Europa e quindi non intendo affermare che sia l'orologio ad aver creato questa società, ma l'ha solo rinforzata; l'orologio è un suo prodotto) che sfrutta un mezzo - l'orologio, innocente come tutti i mezzi, si potrebbe affermare - il quale si aggiunge agli ordini dati con la frusta per farci lavorare con regolarità, per regolare le mansioni imposteci.

Seguendo tutti quanti questo mezzo, risulta impossibile ribellarsi allo sfruttamento, perchè non è il capo a decidere per quanto tempo farci lavorare, ma è la società con le sue norme a sancire questa imposizione regolare.
Sia il capo, il datore di lavoro, sia la società intesa come gruppo di istituzioni del regime vigente, ci dicono di lavorare un tot di ore, ad esempio 8, e a dirci quanto dobbiamo prendere all'ora, ma non perchè sia necessario tutto questo gran lavoro per la nostra sopravvivenza (le tribù primitive sopravvivevano e sopravvivono tutt'ora lavorando poche ore al giorno, intendendo per lavoro attività atte a costruire strumenti per raccogliere, cacciare, ripararsi, coprirsi, curarsi, ecc. - oggi nessuno di noi saprebbe fare altrettanto!), ma perchè è utile allo stupido fine che questa società si pone: il surplus, l'abbondanza, il profitto.



Se lavorassimo per produrre ciò che ci serve, si lavorerebbe poco, infatti a nessuno verrebbe in mente, costruito un computer, di costruirne un altro.
La nostra idea di progresso - legata allo scorrere del tempo - determina la creazione di vaste discariche in cui vengono gettate nostre grandi invenzioni che sono costate un grande dispendio di energia (l'uomo in fabbrica consuma energia, l'uomo in miniera che raccoglie i minerali consuma energia, i camion che raccolgono e trasportano consumano energia, ecc.) per nulla. 
Sarebbe meglio non produrre, aspettando che ci sia il prodotto definitivo che durerà tantissimo tempo.
Invece no, invece ogni giorno dobbiamo produrre di tutto e di più anche se il giorno dopo queste cose verranno soppiantate da prodotti altamente simili.

Il nostro è un lavoro inutile. Utile solo per i profitti altrui.
E' grazie a questa regolarità che questo tipo di società fondata sullo sfruttamento del prossimo, sulla sua prigionia creatrice di profitto (lo sfruttamento nasce con l'agricoltura e arriva fino ai nostri giorni con le fabbriche di cui i lager sono l'esempio più splendente; fra i raccoglitori primitivi non esisteva affatto la supremazia, la gerarchia, le divisioni, le guerre, lo spreco, ecc.), ha, poco a poco, usato sempre di meno la forza perchè l'ordine così creato ha convinto la gente che fosse una buona e giusta.

Grazie all'orologio, infatti, risultiamo docili, perchè siamo portati a rispettare le convenzioni insite nei vari numeri
che ci sembrano essere nostri amici, numeri che come ben vediamo nella vita di tutti i giorni, sanciscono varie fasi che la massa rispetta perchè addirittura le trova naturali:

alle 7.00 ci si alza, alle 8.30 si entra in ufficio, alle 12.30 si mangia in mensa, alle 17.30 si esce dall'ufficio, alle 19.30 si mangia a casa, alle 20.00 si guarda il Tg, alle 23.00 si va a dormire per poi alzarsi alle 7.00; non c'è solo lo scorrere delle ore, ma anche l'invenzione e lo scorrere dei giorni: questi si uniscono alle ore per farci lavorare più tempo possibile (come ben sappiamo 6 giorni su 7, i più fortunati 5 su 7, ma col sesto ricco di impegni legati sempre alla produzione, al profitto, al consumo, allo spreco; non 1 giorno su 7 perchè quel giorno devo costruirmi un tetto nuovo e poi sono a posto avendo già sia scarpe, che maglioni, che pettini, che cereali immagazzinati, ecc.).

Ore e giorni creati per farci lavorare nel vuoto di senso più totale, infatti non si lavora per necessità, perchè noi e la gente intorno a noi ha bisogno di quel dato bene, di quel dato servizio, ma perchè bisogna produrre per il surplus, per il profitto.



Nessuno ci obbliga, ma rispettiamo. Sta qui il genio!
La società verticistica ci ha disciplinato senza che ce ne potessimo accorgere: per noi è normale, anzi come ho scritto poco fa, naturale, che esistano settimane e le ore che ci dicano con esattezza quante ora lavorare, altrimenti determinano il nostro status di fannulloni e  nullafacenti.
Eppure è ben chiaro a tutte le persone dotate di occhi che il mondo è in rovina grazie a chi fa troppo e alla nostra intelligenza che ha creato armi, guerre, lager, bombe atomiche, ecc.



PS: stamattina ho spento l'orologio, ho staccato la spina della corrente elettrica; niente più numeri che mi dicono cosa fare, che mi fanno sentire in ritardo e inadeguato. Inadeguato a cosa???


Chi volesse approfondire la questione, potrebbe leggere la raccolta di 5 saggi di John Zerzan, dal titolo "Primitivo attuale", capitolo 3 "Inizio del tempo, fine del tempo".
"Zerzan si pone il problema delle origini dell’alienazione. Inizia un’indagine sulle categorie alla base della nostra percezione e della nostra alienazione: il tempo, il numero, il linguaggio. Scrive anche dell’agricoltura, perché nella nuova ottica, che viene chiamata primitivista, o più precisamente anarco-primitivista, si sottolinea la rivoluzione neolitica (l’emergere della produzione del cibo, vale a dire dell’agricoltura e della domesticazione animale) come spartiacque tra due ere. Da una parte quindi un’età dell’oro che si è estesa lungo tutto il paleocene, con una umanità dotata delle nostre stesse capacità cognitive e priva di autorità, di lavoro, con una relativa assenza di malattie e uno stile di vita egalitario; dall’altra un mondo spaccato da guerre, dove il pane lo si guadagna con la maledizione del sudore, con medici che curano le ferite del corpo e sciamani che invano cercano di risarcire quelle dello spirito".
Link: Stampa Alternativa

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